trattativa – precisa Franco Frigo -, ma mi preme indicarne due che possono incidere sulle prospettive di sviluppo del tessuto produttivo del Friuli Venezia Giulia: primo, i settori dove le tariffe pesano maggiormente – ovvero per il 10-20 per cento sono tessile-abbigliamento, alimentare e calzaturiero e una loro riduzione consentirebbe alle nostre aziende esportatrici nel mercato americano di aumentare i margini o di ridurre i prezzi, in ogni caso di ampliare gli spazi di penetrazione commerciale e in Friuli Venezia Giulia è particolarmente coinvolto alla questione dei marchi che vedono l’Italia leader in Europa con 750 indicazioni geografiche alimentari registrate”. Oggi negli Usa le aziende della regione sono poco conosciute e ciò ci provoca un doppio danno: in primo luogo per le difficoltà di riconoscimento della qualità dei prodotti e contestualmente per la concorrenza sleale praticata dai produttori americani con la pratica dell’ “Italian sounding”, cioè l’utilizzazione di nomi e simboli che evocano l’origine italiana del prodotto, ma che ne costituiscono una falsificazione. Due vittime regionali illustri sono i formaggi e i prosciutti. “Come ogni trattativa, le insidie e le difficoltà del Ttip sono molteplici – conclude l’europarlamentarde del Pd - e per primi gli imprenditori friulani che si cimentano nel mercato globale sanno molto bene che la chiarezza della strategia e la determinazione degli intenti costituiscono fattori determinanti di successo: per questa ragione il rafforzamento del ruolo dell’Europa nello scacchiere internazionale deve rappresentare un obiettivo condiviso da tutti i soggetti economici e politici impegnati ad affrontare la crisi con una visione chiara della posta in gioco, evitando di sprecare energie (e voti) nella retorica e nella propaganda antieuro”.
Alessandro Rinaldini
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