giovedì 3 aprile 2014

Una finestra sul futuro delle imprese, La ricerca dell'Istituto Quaeris

Einstein diceva: Non penso mai al futuro, perché non fai tempo a pensarci che è già qui. Il futuro infatti sta già avvenendo e i risultati di questa indagine effettuata su un panel di Imprenditori contribuisce a fornire nuovi elementi interpretazione e ulteriori spunti di riflessioni: una finestra sul futuro che per l’appunto è già iniziato. Le risposte alla prima domanda, sui fattori che influenzeranno l’economia mondiale, confermano la consapevolezza del cambiamento globale in corso. Su una scala da 1 a 10 i più considerati sono la consapevolezza di vivere nell’era dell’industrial internet (8,13), in un contesto geopolitico dominato dai paesi in via di sviluppo (7,97) e sotto la minaccia dal persistere delle crisi economiche (7,71). Le restanti risposte confermano questa percezione, sostanzialmente
richiamando la spinta dell’innovazione tecnologica che resta minacciata da squilibri ambientali e possibilità di conflitti e tensioni mondiali. Alla domanda sul prossimo futuro dell’economia, la finestra aperta sull’Italia lascia intravedere chiaramente la fine del tunnel in cui si trova il Paese dall’inizio della crisi del 2008. Non è certo una luce brillante, ma ci conferma un ottimismo realista, con “i piedi per terra”, laddove il 49,8% degli intervistati infatti prevede una leggera crescita. In opposizione a questa visione positiva e volitiva il 28,6% del campione è rappresentato da coloro che ritengono l’Italia, e con essa probabilmente l’Europa, avviata lungo un declino inesorabile. Il dato aggregato ci permette di semplificare tra ottimisti (60,5%) e pessimisti (28,6%), con un 10,9% di intervistati che prevedono un andamento stabile. Entrando nei dettagli di queste visioni, l’una, quella degli ottimisti, è supportata dall’attuale capacità dell’imprese italiane di creare caratteri distintivi a livello globale (agro-alimentare e moda). Quella dei pessimisti invece trova linfa nella tendenza, iniziata nell’ultimo decennio, che ha portato molte eccellenze nazionali a vendere brand e assets al di fuori dell’Italia. Pensiamo a Krizia, Bulgari, Gucci, Loro Piana per la moda, ed ai vari Buitoni, San Pellegrino, Perugina, Peroni per l’alimentare. Da questa domanda su Quali saranno i settori che in Italia vedranno un maggiore sviluppo da adesso al 2020 appaiono chiaramente i segnali di opportunità e quelli di minaccia del futuro previsto dagli intervistati. Un settore di eccellenza come l’agroalimentare è quello che fonda maggiormente le sue radici nel territorio, ma necessita di essere affiancato dal processo di ricerca e innovazione che gli intervistati gli pongono infatti subito dietro, tra i settore di maggiore sviluppo (6,61% su scala da 1 a 10). E’ perciò che la combinata “tradizione & innovazione” rappresenta l’opportunità del sistema Paese per vincere la sfida della globalizzazione dei prossimi anni. Il settore, a differenza di altri elencati nella domanda, non è delocalizzabile e qualora il sostegno della ricerca venisse a mancare, la minaccia di declino potrebbe incombere anche su questa eccellenza del made in Italy. Diversamente per il settore Moda, indicato a 6,48, il dato può lasciare interpretazioni a segnali di continuità di un sistema più indipendente e già avviato alla creazione di un format che prevede creazione – esportazione – delocalizzazione – internazionalizzazione. Si torna sul terreno di gioco del territorio e dello sviluppo locale con il dato relativo alle prospettive di sviluppo delle Rinnovabili indicate a 6,27. Il livello di percezione degli intervistati potrebbe essere stato comprensibilmente condizionato dalle recenti revisioni delle politiche incentivanti allo sviluppo delle rinnovabili (vedi IV Conto Energia). Quest’ultima risposta rimanda a collegamenti con la domanda sui fattori di rilancio delle PMI italiane, E’ infatti la semplificazione burocratica ed amministrativa, valutata dagli intervistati 8,63 su 10, la chiave principale del rilancio. potremmo rappresentare il settore delle rinnovabili, proprio come uno dei tanti simboli della difficoltà di fare impresa a causa delle procedure autorizzative complesse, nel caso specifico anche condizionato da contesti socio-politici limitativi (vedi nimby) . La conferma della valenza strategica dell’innovazione come fattore di rilancio viene dal punteggio ravvicinato ( 8,45) ottenuto appena dietro alle semplificazioni. Le risposte delineano anche qui un quadro di sintesi che potremmo raffigurare con la formula: Sburocratizzazione + Accesso al Credito per l’Innovazione = Rilancio
Conclusioni
L’indagine ci consegna uno scenario che elenca l’ordine delle priorità combinando la competenza e la volontà di superare una crisi la cui durata non lascia più spazio a facili ottimismi. Infatti, il dato relativo all’uscita dalla crisi riporta un terzo degli intervistati a prevedere il perdurare della situazione. La maggioranza dei due terzi è fiduciosa in un moderato rilancio delle PMI esprimendo la consapevolezza dei nuovi contesti globali che vedono protagonisti nuovi attori come Cina, India e Africa. Viviamo nell’era dell’industrial internet e perciò alla base dell’innovazione di prodotto emergono i settori strategici della tecnologia e dell’hi-tech. La business community italiana ha le idee chiare anche sull’identità produttiva del sistema Paese, affermando il potenziale dell’agroalimentare come settore trainante sviluppo e principale carattere distintivo di un sistema produttivo che non alternative al consolidamento del connubio tradizione e innovazione. Opportunità che questa che potrà essere colta solo rispondendo alla principale esigenza del sistema produttivo, ovvero quello di semplificare procedure e accessi per fare impresa.

Dott. Valerio Sale – partner Studio SVS - Consulenza d’Impresa e Finanza Agevolata


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